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Approfondimento
Rinnovo contrattuale
pubblicato nel Gennaio - Febbraio 2001 ne Il Fisioterapista - fascicolo n.1

Riportiamo di seguito il testo della piattaforma

VERTENZA SANITÀ

PREMESSA

Con questo rinnovo contrattuale si avvia una stagione rivendicativa che dovrà affrontare e risolvere le questioni che affliggono il lavoro degli operatori della sanità pubblica e privata del nostro Paese e nel contempo dare risposte alla domanda di salute dei Cittadini. La vertenza, dunque, deve riuscire a coniugare gli interessi degli operatori con il diritto dei cittadini a ricevere le prestazioni di cui necessitano con la più elevata qualità ed efficacia possibile, in tempi certi e conformi ai bisogni di salute. L’accesso ai servizi, anche per la distorta applicazione dell’attività privata concessa ai dirigenti sanitari, sta diventando sempre più un problema che finisce per discriminare i cittadini in rapporto al reddito, alle condizioni sociali e culturali vanificando nei fatti il principio di universalità su cui si basa il nostro SSN.

Noi non facciamo rivendicazioni demagogiche, come alcuni sindacati autonomi, tese solo a strumentalizzare il malcontento esistente tra gli operatori per raccogliere qualche adesione che possa recuperare un minimo di rappresentanza dopo la sonora sconfitta alle elezioni per le RSU che hanno dimostrato quanto forte sia il rapporto tra i lavoratori e le lavoratrici della sanità pubblica e privata e Cgil Cisl e Uil.

Tocca a noi, perciò, fornire una serie di risposte per rafforzare il rapporto di fiducia e dimostrare di essere in grado di rappresentare al meglio possibile le richieste degli Operatori a tutti i livelli di confronto negoziale – nazionale, regionale, aziendale – con proposte chiare e realizzabili, affrontando a tutto campo le problematiche dell’assistenza sempre in un quadro di unità di tutti gli operatori che rappresentano la nostra vera forza.

La riforma sanitaria e la riforma federalista dello Stato avviata hanno trasferito alle Regioni quasi tutti i poteri di gestione della Sanità pur in un quadro di tutela universale dei diritti dei cittadini attraverso le leggi e gli atti di programmazione nazionale. Questo nuovo quadro legislativo non può essere utilizzato per mettere in discussione il Contratto collettivo nazionale di lavoro che è e resta un presupposto intangibile e da difendere per garantire a tutti i lavoratori regole generali e la salvaguardia del potere di acquisto; pertanto, ogni ipotesi che venisse ventilata da chiunque tendente ad eliminare tale livello di negoziato troverebbe la dura opposizione di Cgil Cisl Uil. Di conseguenza è necessario tarare meglio i ruoli ed i contenuti negoziali nazionali, regionali ed aziendali per meglio rispondere alle esigenze poste dagli Operatori e dai Cittadini. A tal proposito si rivendica l’articolazione del 2° livello di contrattazione nel momento regionale ed aziendale. Confermando il livello aziendale quale l’unico in cui si realizza il contratto integrativo, occorre prevedere, nel contratto nazionale, le materie da conferire al tavolo regionale che, proprio tenendo conto delle modifiche istituzionali introdotte e dei poteri decentrati trasferiti dal centro, deve vedere strutturati momenti di negoziazione fra le OO.SS.e la Regione.

QUESTIONE SALARIALE

Che si sia aperta una questione salariale nella sanità è fuori discussione. Il contratto dei medici l’ha solo resa più evidente, ma la necessità di rivalutare le retribuzione degli operatori, con particolare riguardo a quelli direttamente coinvolti nel ciclo dell’assistenza, era già maturata sin dalla firma del contratto in vigore. Il Sindacato deve rivendicare una serie di strumenti che possano raggiungere l’obiettivo di rivalutare il lavoro in sanità intervenendo sull’organizzazione del lavoro e su tutti i fattori che determinano la retribuzione.

In particolare si rivendica, in aggiunta alle risorse già destinate al rinnovo contrattuale per il 2000-2001, un’ulteriore quota di risorse a carico delle Regioni. La proposta che mettiamo in campo per questo rinnovo contrattuale prevede la rivalutazione degli accessi delle professioni sanitarie e tecniche della categoria C.

Queste professioni non possono più essere inquadrate nell’ex 6° livello, oggi categoria C della classificazione del personale, in quanto in questi anni sono state introdotte sostanziali novità che hanno modificato radicalmente il vecchio ordinamento del personale, sia in termini di autonomia e responsabilità previste dai nuovi profili professionali e sancite dalle leggi 42/99 e 251/2000, che in termini di titolo di studio necessario per l’accesso al lavoro di queste figure professionali, in ambito sia pubblico che privato, quale il diploma universitario che la recente riforma universitaria ha trasformato nella laurea di primo livello. La scelta, naturalmente, dovrà riguardare tutto il personale già in servizio che non potrebbe in alcun caso essere inquadrato in una posizione inferiore rispetto ai nuovi assunti.

La ricollocazione nella categoria D delle professioni infermieristiche, ostetriche, tecnico-sanitarie, della riabilitazione, della prevenzione sanitaria e ambientale e degli assistenti sociali, può essere attuata solo non alterando né le scelte né riducendo le risorse della contrattazione integrativa che devono, comunque, trovare conferma. Si tratta in sostanza di riposizionare sull’intera categoria D con i valori delle fasce in essa previste le professioni suddette rispettando la collocazione conseguita nella categoria C onde evitare un passaggio con assorbimento del salario in godimento.

Questa scelta rende, altresì, necessario introdurre una norma transitoria, nel contratto, per uniformare la collocazione ed evitare una ingiustificata disparità di trattamento di quanti hanno conseguito il passaggio da C a D.

Ovviamente una tale scelta impone un ripensamento anche sulle figure attualmente collocate in D e Ds con funzioni di coordinamento e delle attuali norme che disciplinano le posizioni organizzative pensate prima delle innovazioni introdotte dal contratto della dirigenza e dalla legge 2512000. Non si tratta di scorrere in avanti tutti, anche perché si porrebbe il problema di trovare una nuova collocazione alla categoria Ds, ma di introdurre, in armonia con le regole previste per la dirigenza l’istituto dell’incarico a termine per lo svolgimento delle funzioni gestionali a cui conferire le posizioni organizzative riformate, con un minimo e un massimo di retribuzione in ragione della complessità dell’incarico ricevuto.
In sostanza per i coordinatori reali, individuati in sede aziendale in rapporto alle funzioni attribuite, adottando la struttura retributiva prevista per la dirigenza, si prevede una componente fissa del salario di posizione che costituisce il minimo attribuibile a tutti i coordinatori reali ed una componente variabile fino ad un massimo definito dal contratto nazionale, legata alla gradazione dell’incarico conferito in sede aziendale e quindi revocabile. Questa scelta consente di dare una risposta adeguata, sia in termini retributivi che di riconoscimento della funzione, alle rivendicazioni poste dagli operatori con funzioni di coordinamento che l'attuale normativa non ha consentito. Naturalmente, per rendere possibile tale operazione, occorre trasferire al bilancio aziendale l'onere necessario, liberando il fondo previsto per la progressione orizzontale da un istituto improprio e di diretta emanazione delle scelte organizzative aziendali. Questa operazione renderà realmente disponibili le risorse per il concreto ed equilibrato dispiegarsi delle dinamiche della classificazione del personale dando le risposte necessarie al complesso delle diverse ed articolate professionalità del personale del comparto.

Ulteriore fonte per la rivalutazione delle retribuzioni deve essere data dagli introiti aziendali provenienti dall’attività libero professionale dei dirigenti. A tale proposito, si rivendica il superamento totale della precedente ripartizione, legata ad una libera professione individuale e privata non più esistente, per pervenire ad una quota non inferiore al 30% delle entrate complessive aziendali, da distribuire in contrattazione aziendale con criteri che tengano conto del personale direttamente coinvolto e dell’intero personale dell’azienda.

Si propone, inoltre, un intervento adeguato sugli istituti inerenti il salario accessorio, i cui importi risalgono al 1990, sia attraverso una cospicua rivalutazione, sia rivedendo la normativa di destinazione alla luce delle innovazioni introdotte dalla Riforma del SSN.

RISORSE AGGIUNTIVE REGIONALI

Già in premessa abbiamo affermato l’assoluta indisponibilità a mettere in discussione il contratto nazionale che per noi è e resta un valore in sé e condizione per la tutela dei diritti minimi sia salariali che normativi.

Rifiutiamo, pertanto, le conclusioni cui pervengono alcune Regioni di trovare nei contratti regionali la soluzione, sbagliata, ad un problema reale dato dalla necessità di mettere in condizione le singole Regioni di fornire risposte adeguate laddove esse sono necessarie. A questo livello va quindi trasferita la gestione di ulteriori risorse individuate dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro con un valore minimo ed uno massimo, per affrontare e risolvere particolari condizioni degli operatori, anche con riferimento ai problemi posti dal mercato del lavoro, così come sono determinate in relazione ai diversi contesti regionali. Questa scelta si iscrive in quella esigenza di rendere articolato il 2° livello di contrattazione come evidenziato in premessa, salvaguardando, nel contempo, il contratto collettivo nazionale che, anzi, in tale contesto assume carattere di assoluta necessità,
nel rispetto e nella piena valorizzazione del processo di decentramento in atto.

ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO

In questi anni tante sono state le innovazioni introdotte nella sanità a partire dall’emanazione dei nuovi profili professionali ottenuti a seguito della grande manifestazione nazionale a Roma del 1° luglio 1994. Gli operatori, a partire dagli infermieri, sanno però bene quanto distanti siano i cambiamenti introdotti dal lavoro di tutti i giorni nei servizi. Una politica miope di Governi e Regioni sul personale, fortemente condizionata da spinte corporative, ha prodotto in questi anni, soprattutto al Nord, un grado di pesantezza nel lavoro assistenziale al limite della tollerabilità umana. Stress e insoddisfazione sono all’ordine del giorno in numerosi servizi assistenziali, tecnici, riabilitativi e di vigilanza ed ispezione, che continuano a funzionare solo grazie alla passione e abnegazione posseduta dagli operatori.

È ORA DI DIRE BASTA A TUTTO CIÒ!!!

Ridefinire le funzioni e le responsabilità affidate al personale dalle normative vigenti e dai contratti, riformare le dotazioni organiche rendendole adeguate ai nuovi compiti attribuiti al SSN , rendere esigibile il diritto alle ferie e ai riposi settimanali per tutti, ridare dignità al proprio lavoro, devono diventare i contenuti di una grande vertenza nazionale da gestire in tutte le aziende ad opera dei sindacati territoriali e delle Rsu. In questo quadro dovrà essere data immediata attuazione ai processi di formazione delle figure professionali necessarie ad alleggerire i carichi di lavoro degli operatori sanitari considerati impropri, compresi i compiti amministrativi presenti nei servizi, oggi svolti da personale sanitario, e devono essere valorizzate le professionalità possedute dagli operatori per poter intervenire direttamente su alcune prestazioni altrettanto impropriamente affidate al personale dirigente medico e non. L’operatore addetto all’assistenza socio sanitaria e le “figure amministrative di reparto” devono trovare collocazione nell’organizzazione del lavoro in tempi stretti superando, anche per via contrattuale, i ritardi accumulati dalla burocrazia ministeriale per l'OASS. Anche per questa strada è possibile affrontare l'emergenza infermieristica che in alcune aree del Paese sta diventando drammatica.

La nuova organizzazione del lavoro in sanità passa anche per l’attuazione dei modelli organizzativi più volte rivendicati nazionalmente ma scarsamente presenti nelle aziende anche per le resistenze messe in atto da una parte della dirigenza medica e non più tollerabili. Occorre, dare concreta attuazione ai servizi infermieristici e dell’assistenza, dotati di piena autonomia e di budget, come previsto per i nuovi Dipartimenti introdotti dalla riforma, alla cui direzione assegnare personale infermieristico, con particolari requisiti e formazione manageriale, mediante incarico dirigenziale a termine in analogia con quanto previsto per la direzione delle strutture complesse. In forma diversa,
ma in analogia ai primi , occorre prevedere anche punti di responsabilità e autonomia per i servizi tecnici sanitari, riabilitativi, di prevenzione e sociali alla cui direzione chiamare personale con particolari requisiti professionali proveniente dai profili delle rispettive aree. E’ interesse comune, dei Lavoratori e delle Aziende, pervenire in tempi rapidi a nuovi modelli organizzativi quali strumenti di razionalizzazione delle risorse e di più elevata qualità delle prestazioni da fornire ai cittadini.

Anche per i servizi amministrativi e tecnici occorre introdurre metodologie innovative che possano valorizzare le competenze professionali formate all’interno delle Aziende come fanno i privati. In tale senso, occorre superare il vecchio
inquadramento del personale, basato sulle carriere esecutiva, di concetto e direttiva, per pervenire sempre più a qualifiche polivalenti medio alte da cui prelevare, mediante incarichi a termine, la futura dirigenza delle Aziende. Un piccolo ma significativo segnale in questa direzione viene dal testo cosiddetto “omnibus” sulla sanità in via di definizione.

Per tali obiettivi è necessario investire risorse sulla formazione e riqualificazione del personale a partire dalla destinazione delle risorse già previste dal contratto e da nuove risorse da contrattare a livello regionale.

E’ necessario, infine, fornire un’adeguata risposta al mercato delle prestazioni assistenziali, spesso erogate in nero e senza alcuna garanzia di qualità e professionalità nelle prestazioni, cui i cittadini ricorrono in caso di bisogno.

Questa tipologia di servizio è, in genere, offerta al di fuori del SSN con un “mercato” regolato dalla necessità dell’utenza e dalla difficoltà di contattare l’offerta. Riteniamo utile e possibile far partire, anche sperimentalmente, una forma di convenzione, sul modello esistente per la Medicina generale, che riguardi alcune professioni, a partire dagli Infermieri, al fine di erogare, su richiesta del Cittadino e del Medico di medicina generale, prestazioni assistenziali che non necessitano di accesso alla struttura sanitaria.

A riprova della necessità di tali servizi, si riscontra il proliferare di forme varie di associazionismo e di cooperative che agiscono senza alcun controllo né garanzia per i Cittadini. La convenzione potrebbe ricondurre quanto già esiste all’interno in un regime contrattuale come già avviene in alcuni Paesi sviluppati.

FORMAZIONE

Sulla formazione si rivendica un tavolo permanente con le Regioni che consenta di uscire dalla situazione attuale. Non si tratta di tornare indietro dall’acquisizione del livello universitario della formazione di base che anzi chiediamo di adeguare immediatamente alla riforma universitaria trasformando gli attuali diplomi universitari nelle lauree triennali di base. Pur nel rispetto dell’autonomia universitaria è però necessario consegnare al Servizio sanitario Nazionale il ruolo di committente della formazione sia in termini di definizione dei fabbisogni sia per quanto riguarda i contenuti della formazione stessa. E’ necessario, inoltre, estendere nel territorio le sedi della formazione che, in particolare per gli infermieri, non possono coincidere solo con le sedi delle facoltà di medicina. Portare la formazione più vicino possibile agli allievi, dunque, deve diventare un obiettivo di breve periodo. Oltre a ciò occorre prevedere anche forme di sostegno economico sin dal 1° anno e un salario per gli anni successivi che remuneri il tirocinio il quale, se ben organizzato e non sostitutivo del lavoro ordinario, può trasformarsi in una risorsa per le Aziende e in un valore aggiunto per la stessa formazione. In questo ambito va riproposta la funzione di “tutor” da individuare tra gli operatori con particolare esperienza, oltre alla necessaria formazione specifica.

Inoltre occorre rompere le attuali rigidità dei corsi di studio recuperando in altre attività anche di contenuto professionale inferiore, attraverso il sistema dei crediti formativi, quanti per varie ragioni non riescono a concludere i corsi di studio scelti in partenza.

La riforma universitaria impone anche l’individuazione del percorso specialistico o del dottorato di ricerca a cui, ovviamente, consentire l’accesso anche al personale in possesso dei titoli conseguiti con la disciplina pregressa e resi equivalenti dalla legge 42 del 1999 e dai decreti emanati dai Ministeri della Sanità e Università. In questo quadro occorre sciogliere definitivamente il nodo, ancora presente nel dibattito, se trattasi di lauree specialistiche disciplinari, come a noi sembra più corretto, ovvero di lauree generiche quale requisito per l'accesso alla dirigenza. Se l’accesso alla dirigenza trova soluzione come sopra previsto, attraverso la formazione manageriale di cui dovranno farsi carico le Regioni direttamente o tramite convenzione con soggetti pubblici o privati a ciò abilitati, sembra opportuno attivare alcune lauree disciplinari, collegate ai reali bisogni del servizio sanitario piuttosto che ad “esigenze” accademiche, prefigurando diverse e nuove figure professionali da immettere nei servizi, individuando prima funzioni e fabbisogno. Tra le competenze professionali possono trovare risposta le attività di docenza, di ricerca scientifica, e quanto altro verrà reso utile per elevare la qualità del lavoro.

La formazione deve diventare strategica anche per il personale in servizio a partire dall’attuazione di quanto previsto dalla riforma sanitaria introducendo nel contratto gli strumenti normativi che la rendano esigibile sia in termini economici (risorse) che di tempo (monte ore retribuito).

La presente piattaforma trova il suo pieno completamento unitamente alle richieste già avanzate per il rinnovo del biennio economico 2000-2001 che si riassumono di seguito:

ARMONIZZAZIONE di tutti gli istituti normativi ed economici compatibili con i contatti sottoscritti per le aree della dirigenza con particolare riguardo a:

1. recupero del salario di anzianità del personale che ha cessato, a qualsiasi titolo, il rapporto di lavoro per incrementare i fondi della contrattazione integrativa;
2. coperture assicurative per il personale che svolge attività per le quali può incorrere in sanzioni penali o amministrative non causate da dolo;
3. Mobilità e comando;
4. Disciplina delle attività di consulenza verso soggetti pubblici o privati ivi compresa l’attività libero professionale a domicilio per prestazioni previste dal proprio profilo al di fuori dell’orario di servizio.

ATTUAZIONE DELLE NUOVE NORMATIVE E RINVII DAL CCNL RELATIVE A:

1. disciplina del part-time;
2. telelavoro;
3. lavoro temporaneo (interinale);
4. lavoro notturno;
5. nuovi congedi parentali previsti dalla legge 532000 con particolare riguardo alla nuova disciplina prevista per l’astensione obbligatoria, facoltativa, i riposi orari, i diritti dei genitori affidatari, il parto plurimo o anticipato, ecc…
6. trasformazione dell’indennità di rischio da radiazioni ionizzanti per i tecnici di radiologia e conferma della disciplina attuale per gli altri operatori sottoposti a rischio;
7. pari opportunità con l’istituzione della figura del consigliere di fiducia e l’adozione del codice di comportamento contro le molestie nei luoghi di lavoro;
8. istituzione della banca delle ore demandando alla contrattazione integrativa le modalità di funzionamento;
9. introduzione degli istituti della conciliazione ed arbitrato,
10. attività sociali e ricreative.

PREVIDENZA COMPLEMENTARE E TFR

Va conclusa rapidamente la trattativa sui fonde pensioni per garantire un futuro pensionistico a tutto il personale del comparto. In sanità la maggioranza degli operatori si trova nel nuovo regime pensionistico e senza la previdenza complementare maturerebbe una pensione inferiore al 50% della retribuzione. Inoltre occorre armonizzare con i settori privati l'utilizzo del TFR ( trattamento di fine rapporto) consentendo anche le anticipazioni durante la vita lavorativa.

Questa piattaforma che può trovare arricchimenti anche nel corso della vertenza costituisce una sintesi delle principali rivendicazioni dei sindacati confederali FP CGIL, CISL FPS E UIL FPL. Gli obiettivi in essa contenuti sono impegnativi ma possibili. A tale scopo è necessario che la Categoria tutta resti unita e non cada nella facile demagogia di alcuni sindacati autonomi o gruppi di lavoratori privi della necessaria rappresentanza per sedere ai tavoli negoziali, producendo in tal modo un indebolimento del fronte sindacale che, nei fatti, rafforzerebbero solo le controparti.

FP CGIL, CISL FPS e UIL FPL sono pronte ad aprire, in caso di non disponibilità delle controparti, la fase conflittuale sia nei confronti del Governo che delle Regioni per conseguire una reale svolta nella sanità italiana che possa dare risposte ai bisogni del personale del comparto, che non ha mai tentennato nella battaglia, per la piena attuazione della riforma riaffermando la centralità della sanità pubblica universalistica e solidale a tutela dei bisogni di tutti i cittadini.

Roma, 5 dicembre 2000